La discussione è avvenuta quando ancora Martina Milano faceva parte del nostro gruppo ma ci sembra doveroso pubblicarla per intero perché parte integrante del progetto comune. Che non è altro lo scopo di questo laboratorio.
La verità che ci ha suggerito il professore è più tra le righe che nelle proposizioni stesse. Seguiremo il consiglio e fatelo anche voi.
Questo blog è un esperimento di condivisione e riflessione collettiva voluto e messo in atto da un gruppo di studenti del corso di laurea in "Disegno industriale" della Facoltà di Architettura "Ludovico Quaroni" (La Sapienza - Roma) • Perdersi-lab è uno strumento integrativo all'interno del quale converge e si confronta il lavoro e la riflessione di circa 60 persone, nell'ambito del laboratorio di "visual&graphic design 1B" (docente: Davide Franceschini), denominato appunto "perdersi" •
Il laboratorio interpreta la città di Roma sia come oggetto di analisi (mirata a rintracciare e sperimentare il suo complesso e stratificato sistema di codici formali ed informali), che come strumento maieutico, come “specchio”, per la verifica delle proprie modalità relazionali, conoscitive e produttive (assumendo la sua funzione di luogo dell’esistenza e del dispiegamento dell’altro-da-sé) • Strumento di questo percorso di lettura e destrutturazione è una risemantizzazione della "deriva" situazionista: la "vivisezioneurbana".
Vivisezioneurbana è un insieme di azioni analitiche programmate e potenzialmente infinite sul tessuto di Roma, progettate dal collettivo artistico formazero • In queste derive, a base prescrittivo-aletaoria (di derivazione cageana) e psicogeografica (di derivazione surrealista-situazionista), il corpo errante può essere indistintamente quello dell’artista o quello di altri individui, coinvolti in questo processo più come coautori/antiautori che come semplici fruitori/spettatori • L’opera così intesa è infatti un organismo aperto che consta di due componenti autoriali distinte e cooperanti nella messa in discussione del concetto di “autorialità”: autorialità dell’opera/progetto: la progettazione delle regole generali e delle motivazioni teoriche che sovraintederanno la sequenza delle azioni programmate (l’opera/progetto nel suo insieme), unita alla pianificazione delle singole esperienze di attraversamento e motivata dal programma seriale di analisi del territorio urbano (considerato, tracciato, quasi sempre su scala planimetrica); autorialità nell’opera/progetto: l’esperienza stessa di ogni singola deriva, la sua documentazione e le riflessioni che scaturisce, considerate in parte come sintesi significante dell’azione e in parte come sua scoria aleatoria • Il concetto di “scoria” è accentuato dal fatto che la documentazione della deriva è vincolata a sua volta da prescrizioni che impediscono al corpo errante di cristallizzare le sue riflessioni e la fetta di realtà investigata all’interno di un linguaggio prestrutturato, individualizzato (deplacement sia geografico che psicologico) • Questa pratica, che potremmo definire di induzione all’autorappresentazione del corpo urbano e di destrutturazione delle modalità conoscitive e produttive proprie al corpo errante, non appartenendo fino in fondo né a chi la vive né a chi la programnma, si traduce ipso facto in un lavoro collettivo dai risvolti empirici, analitici e teorici estremamente stimolanti • In questo contesto le prescrizioni sono state in parte rimodulate per enfatizzare la componente didattica e autodidattica dell'esperienza.
risorsa aurea
"Perdersi" può avere altro esito dal disorientamento. Può consentire quel "fuori-di-luogo" per cui siamo costretti a ricostruire i nostri punti di riferimento, a misurarci e a ridefinirci rispetto ad un altro contesto.
In questi casi il nostro riambientamento ci consente di "apprendere ad apprendere" (G. Bateson, 1972), riattiva cioè una interazione tra noi e l'ambiente che avevamo data per ovvia e che invece nel rischio di azzeramento dell'identità che ogni perdersi comporta riemerge, con le sue "ragioni", le sue "logiche", il suo "sentire".
"Mente locale" è questo ricostruirsi della interazione, il contestualizzarsi di un rapporto. E' il soggetto che fa mente locale, ma questa si forma, di volta in volta, diversa; sarebbe anzi meglio dire "di luogo in luogo diversa". Senza questo processo il soggetto apprende in astratto, cioè si perde.
Ma è nella natura del processo che risulti inestricabile la distinzione tra soggetto e contesto. Cosicché il nostro pensare, sentire, conoscere variano da luogo a luogo e a seconda di come variano gli stessi luoghi; così come i luoghi vengono ridefiniti da chi vi si riambienta. Il processo del fare "mente locale" è talmente essenziale all'apprendimento che per lo più non ne siamo coscienti. E' la condizione dentro cui è dato di conoscere e di operare" • Franco La Cecla
"Tempo fa, trovandomi in un paese straniero, non ricordo dove, ho avuto le esperienze più importanti quando ho scoperto di essermi smarrito, perché è quando ti perdi che guardi più intensamente" • Robert Rauschenberg
"E' da considerare anarchico l'osservatore che vede quello che vede e non quello che siamo abituati a vedere" • Paul Valèry
"Chi cammina a lungo per le strade senza meta viene colto da un'ebbrezza. A ogni passo l'andatura acquista una forza crescente; la seduzione dei negozi, dei bistrot, delle donne sorridenti diminuisce sempre più e sempre più irresistibile si fa, invece, il magnetismo, del prossimo angolo della strada, di un lontano mucchio di foglie, del nome di una strada. Poi sopravviene la fame. Egli [il flâneur] non vuole sapere nulla dei mille modi per placarla. Come un animale ascetico si aggira per quartieri sconosciuti, finché sfinito crolla nella sua camera, che lo accoglie estranea e fredda" • Walter Benjamin
"Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari" • Guy Debord
Sta a noi fuggire la nostra rappresentazione e diventare il vettore immorale dell’immagine. A noi ridivenire oggetto e ridivenire altro in un rapporto di seduzione col mondo. Lasciare giocare la complicità silenziosa tra l’oggetto e gli obiettivi, tra le apparenze e le tecniche, tra le qualità fisiche della luce e la complessità metafisica dello strumento tecnico, senza far intervenire né la visione né il senso. Perché è l’oggetto che ci vede, è l’oggetto che ci sogna. E il mondo che ci riflette, è il mondo che ci pensa. Questa è la regola fondamentale. La magia della foto risiede nel fatto che è l’oggetto a fare tutto il lavoro. I fotografi non l’ammetteranno mai e sosterranno che tutta l’originalità risiede nella loro ispirazione, nella loro interpretazione fotografica del mondo. Il fatto è che fanno delle brutte o troppo belle foto, confondendo la loro visione soggettiva col miracolo riflesso dell’atto fotografico• Jean Baudrillard
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