lunedì 21 aprile 2008

Intermezzo • Stefano Vittori

La mia mappa di Roma l’ho strutturata come una texture in continua variazione e nella deriva01 ho seguito un uomo la cui erranza all’interno della città è stata la più banale e vincolante che si potesse immaginare.

Intermezzo dal lat. INTERMÈDIUS da INTER fra e MÈDIUS medio. Parte di mezzo, specialmente in opera teatrale musicata.

Usando una metafora, la città è un’opera musicale. Essa produce suoni, bisogna solo ascoltarla per sentirne, di volta in volta, le melodie dei generi più disparati. La città è come un enorme strumento che gli uomini suonano in diversi modi.
Il tizio che ho seguito ha scelto di suonare in modo convenzionale seguendo spartiti già suonati da molti. La mia Roma, invece, è una partitura scritta seguendo la mia visione di essa.

Il trait d’union fra la mappa di Roma e la prima deriva risiede, quindi, nel fatto che le persone possono essere alternativamente attori o spettatori della grande composizione che è la città.
La musica è fatta per metà di silenzi, quindi anche l’immobilità del movimento e l’assenza dell’architettura vengono tramutate in note.
Camminare e suonare o seguire e ascoltare sono però due meccanismi complementari che si attivano contemporaneamente e che s’inseguono in ognuno di noi. Anche se seguendo il turista stavo interpretando consapevolmente il ruolo dello spettatore e osservatore, allo stesso tempo ero, inconsapevolemente, attore.

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