Scegliere è davvero prerogativa del perdersi?
Quanti di voi si sono mai persi dopo aver deciso di raggiungere un determinato luogo, in un determinato punto, su una determinata cartina?
Crediamo molti.
La nostra dinamica ha completamente stravolto il risultato atteso. Per giorni abbiamo cercato di sviluppare una tecnica di scelta casuale che ci potesse permettere di non influire minimamente sull'estrazione del luogo da visitare e per giorni siamo rimasti davanti alla cartina di Roma in attesa di una illuminazione.
Poi, abbiamo pensato: c'é il rischio però di non perdersi, c'é il rischio di ideare un sistema complicatissimo e sofisticato e non perdersi, ritrovarsi a contemplare un luogo caduto dal cielo e dalla sorte e saper benissimo come si inquadra, dove si trova, cosa è, quale è la sua storia.
Il rischio c'è e noi, questa possibilità, l'abbiamo resa certezza.
Abbiamo scelto di chiuderci dentro una stanza, un garage per la precisione, prendere l'arco di Andrea Matera, appendere la cartina sul lato opposto ad una cartellone di sughero usato solitamente come bersaglio, spegnere la luce e scoccare una freccia.
Abbiamo unito la precisione di uno sport, il tiro con l'arco, con la casualità dell'evento: buio e incapacità di utilizzare questo arco come fosse un prolungamento del nostro braccio.
C'è sembrata la soluzione migliore. Avremmo potuto colpire qualsiasi cosa, avremmo potuto rompere una lampada, parte del portellone del garage, scalfire una mattonella, centrare la cartina.
Accadde questo e avvicinandoci al luogo del misfatto notammo tutti e tre con grande stupore il bersaglio della nostra casualità: Largo De Bosis, la piazza a fronte dell'Olimpico, il nostro tempio del calcio.
Vogliamo la verità?
Eccola: non ci siamo persi.
Lo abbiamo fatto prima di scegliere il modo, il come, il quando e il perché, ma non il dove. Il dove ci ha tratto in inganno e ci ha condotto in un posto ben noto alla nostra memoria.
Con un come senza ragione e senza causa.
Ci siamo dati appuntamento all'incrocio grande della piazza, noi da una parte e Andrea Matera dell'altra. Abbiamo attraversato e ci siamo salutati proprio davanti all'obelisco di Mussolini e lì, nel pieno del caos cittadino, con macchine che sfrecciavano a destra e sinistra, abbiamo scattato le nostre quattro foto.
Nord
Est
Sud
Ovest
Non c'era bisogno di indagare, l'Olimpico lo conosciamo tutti, come il Buongustaio con pizza e panini. La supercifie la conoscevamo ancor prima di arrivarci, c'eravamo passati qualche sera prima per un appuntamento culinario col alcuni componenti della classe universitaria, c'eravamo stati la domenica a seguire la nostra squadra, c'eravamo passati con la macchina per sbaglio.
Un luogo anomalo descritto costantemente da seguenti fattori: automobili, cibo, tifo, pini, ponte, pista ciclabile e tevere.
Scegliamo dunque di scendere e attraversare le pista ciclabile, arrivare fin sotto il ponte che abbraccia il "biondo" Tevere e prendere ciò che ci spetta, una parte di Roma leggendaria, tra un crimine e un semplice gesto ordinato dalla casualità del momento. Era sotto i nostri occhi, separato e disgregato già in parte dalla continuità che ha invaso roma più di 2000 anni fa: il Sanpietrino.
Un pezzo di notevoli dimensioni, difficile da trasportare e di pesantezza non indifferente. Poi qualche foto qua e là, due chiacchiere tra noi, un paio di video anonimi e silenziosi e di nuovo ci siamo riportati in superficie.
C'era poco da commentare, c'é poco di cui parlare, noi eravamo chiaramente sicuri di dove trovarci.
Non lo eravamo stati in quella stanza, brandendo l'arco e scagliando la freccia al buio, contro una cartina che eravamo quasi sicuri di aver posto nel giusto modo, alla distanza giusta, secondo le giuste decisioni prese qualche ora prima.
Davanti ad un pezzo della nostra storia abbiamo raccontato non come ci siamo persi, ma come ci siamo ritrovati.
Luca Martelli, Andrea Martelli, Andrea Matera
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